San Vincenzo Al Volturno
L’area su cui nacque l’abbazia aveva ospitato un insediamento di epoca tardoromana. Tra il V e il VI secolo, tra gli edifici oramai in disuso, furono realizzate una chiesa e un’area funeraria.
Secondo il Chronicon Vulturnense il cenobio nacque grazie a tre nobili di Benevento, tali Paldo, Tato e Taso nel 731, che vi impiegarono tutto il loro ricco patrimonio. Costoro, per intraprendere vita ascetica, raggiunsero l’abbazia di Farfa, abbazia benedettina in Sabina. L’abate Tommaso di Moriana suggerì loro di fondare un’abbazia presso il fiume Volturno, dove vi era già un oratorio dedicato a san Vincenzo. La fondazione di tale oratorio viene attribuita a Costantino I il Grande. Sottolineare l’origine beneventana dei tre fondatori da parte del Chronicon, fa supporre che l’istituzione sia stata favorita cercando nuovo prestigio dal longobardo Gisulfo II, duca di Benevento dal 743 al 749.
Con l’arrivo dei Franchi dal nord, l’abbazia si trovò in una zona di confine tra Franchi e Longobardi. Nel 774 era abate il franco Ambrogio Autperto. Nel 782 divenne abate il longobardo Potone: fu deposto per aver lasciato il coro durante una lode cantata a Carlo Magno; solo giurando fedeltà al re dei Franchi riuscì a tornare ai suoi incarichi. Il 27 marzo 787 lo stesso re dei Franchi concesse privilegi fiscali e giurisdizionali tali da equiparare l’abbazia alle maggiori europee. Nel IX secolo, con gli abati Giosuè, Talarico ed Epifanio l’abbazia si espanse divenendo una piccola città, con 350 confratelli e vasti possedimenti terrieri.
Nell’848 l’abbazia fu danneggiata da un terremoto. Dodici anni dopo fu ricattata da Sawdān, emiro di Bari, a cui fu versato un ingente tributo per non subire un saccheggio. Nell’881 alcuni Saraceni al soldo del duca Atanasio II di Napoli, grazie al tradimento della servitù dei monaci, depredarono e bruciarono il cenobio. I superstiti fuggirono a Capua; ritornarono a costruire l’abbazia nel 914, riuscendovi solo alla fine del secolo grazie all’appoggio diretto degli imperatori Ottone II e Ottone III. I monaci tentarono di costruire nell’Alta Valle del Volturno una podestà attraverso l’amministrazione della giustizia e la riscossione dei tributi.
Sul finire dell’XI secolo i monaci, per difendersi da un eventuale attacco normanno, si trasferirono in una posizione più difendibile; nell’anno 1115 papa Pasquale II consacrò la nuova chiesa abbaziale. Nel XII secolo avvenne la conquista normanna degli Abruzzi, che portò progressivamente nei secoli successivi al disgregamento della signoria monastica. Nel 1349 un nuovo sisma distrusse San Vincenzo al Volturno, lasciando spazio all’espansione politica di Montecassino. Occupato da un numero sempre minore di confratelli, dal XV secolo l’abbazia iniziò ad essere gestita, a livello sia spirituale sia economico, dall’esterno. Nel 1669 tutti i territori dell’abbazia volturnense vennero assegnati ai monaci cassinensi che lo amministrano in tutto e per tutto, fatto che sancì definitivamente la fine della sua autonomia.
A causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale alcune parti dei ruderi dell’abbazia e una piccola chiesa successiva subirono pesanti danni. Angelo Pantoni, monaco di Montecassino si è occupato per anni dell’impianto di un nuovo monastero. Grazie a lui dal 1989 San Vincenzo al Volturno ospita nuovamente una comunità: le benedettine giunte dal cenobio del Connecticut Regina Laudis.
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